Berlino è nota per la sua straordinaria abitudine di preservare e riutilizzare: dagli oggetti più piccoli a siti ed edifici di dimensioni mastodontiche, ciò che si butta via è davvero pochissimo, come fosse imperdonabile privare le “cose” della prospettiva di una nuova funzione, sia essa individuale o collettiva.
Quasi fosse un modo per conservare la propria identità, una delle vocazioni della capitale è proprio quella di “riqualificare”, e l'arte un medium privilegiato. Così capita che questa consuetudine, negli anni, incida sull'aspetto dei quartieri e delle loro strutture sociali.
Sull'onda di Shoneweide, storica periferia operaia di cui vi abbiamo raccontato durante una passeggiata estiva, da qualche tempo al centro dell'attenzione c'è Wedding, quartiere defilato a nord ovest della città oggi in rapidissimo sviluppo, tanto che si candida tra i poli di riferimento della capitale per l'arte contemporanea negli anni a venire.
All'uscita dalla metropolitana il cielo è torvo, l'aria frizzantina. E Wedding immobile, imbalsamata com'è tipico delle domeniche berlinesi, specie quelle invernali. Serrande abbassate, pochi passanti, qualche foglia di fine autunno, rossastra, che striscia trasportata dal vento su una lingua d'asfalto monocromatica e abbastanza ripetitiva.
Già a pochi minuti di cammino dalla stazione si intravede la ciminiera dell'antico crematorio di Wedding: suggestiona un po' pensare che in questo impianto, oggi nel bel mezzo del centro urbano, fino al 2001 cadaveri umani diventavano gas e polveri.
Quattordici anni dopo, il legame con “la morte” è evocato dal cimitero che abbraccia il Krematorium come se un tempo fossero stati parti integranti di un unico complesso. Guardando le iscrizioni sulle lapidi, che riportano date antiche e altre recentissime, il cimitero sembra però svolgere ancora la sua funzione originaria.
Il Krematorium invece, nel frattempo, è diventato qualcos'altro. La bellissima struttura custodisce una storia che torna indietro fino ai primi dei 1900. I dettagli delle inferriate e l'ingresso col portale curvilineo in ferro anticipano le linee organiche e floreali dello Judendstil, che interpreta le espressioni artistiche dell'Art Nouveau in Germania.
Il suo corpo tozzo, esagonale, per materiali e forme ha qualcosa di rurale, col tetto di tegole rosse e a doppia pendenza per scacciare nevi e acqua piovana. Gli ambienti interni, che si sviluppano su più piani, conservano intatto il loro aspetto originario.
Come naturale conseguenza del processo di urbanizzazione, nel 2001 il forno crematorio spegne i suoi impianti per questioni di salute pubblica: nei decenni, infatti, il centro abitato di Wedding è andato avviluppando quelle che in passato erano state le sue regioni periferiche, prima scarsamente popolate.
Il rischio che questa struttura così particolare, austera, rimanesse solo una testimonianza dell'archeologia urbana viene scongiurato nel 2013, quando i curatori della Berlinale sono i primi ad allestirvi una mostra. In quell'occasione, gli spazi si rivelano così adatti ad ospitare il progetto che il gallerista Patrick Ebensperger decide di istituirvi un vero e proprio laboratorio sperimentale per l'arte contemporanea, con studi, laboratori di progettazione e uffici.
Attraverso un lavoro accurato di recupero e riqualificazione, il vecchio crematorio prussiano diventa così un punto di riferimento per la ricerca e la sperimentazione di linguaggi artistici contemporanei che spaziano dalla pittura alla scultura e poi installazione e progetti multimediali, che aprono le porte al pubblico dal martedì al sabato, dalle 12 alle 18.
Cenere alla cenere, polvere alla polvere... Che è un po' come dire che tutto tornerebbe al suo stato originario. Oppure, come in questo caso, si trasforma.
INFO:
Galerie Patrick Ebensperger
Plantagenstrasse - 30
13347, Berlino
di Carlotta Comparetti
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